Lasciamo Pianosa-Planasia e facciamo rotta verso il Giglio. Che emozione toccare con mano che l’ingombrante relitto, divenuto icona tragica dell’isola, mostruoso monolite arrugginito, non c’è più.
Volutamente non sono mai approdato sull’isola durante la sua permanenza. Oggi è una gioia vederla libera, anche se restano (sicuramente per pochi mesi) alcune strutture per la pulizia definitiva dei fondali. Da quel gennaio 2012 sono passati 900 giorni per liberare l’isola: quella notte di follia e approssimazione, in cui ogni piccolo pezzo di un puzzle malvagio andava al suo posto.
Eccoci al Giglio. Isola difficile e multiforme, chiusa e solitaria, mondana e intrigante, appassionata e conquistatrice. I suoi centri abitati reclamano ognuno uno spazio proprio, sono molto diversi uno dall’altro, lontani anni luce. La magia delle fresche serate di Giglio Castello, la mondanità sudaticcia e coinvolgente del Porto, lo stile e il fascino della spiaggia del Campese.
Ma, come spesso accade, l’entroterra regala le emozioni più intense e più forti, i panorami mozzafiato su tutto l’arcipelago, il profumo inebriante della macchia, gli antichi vigneti che offrono, grazie a giovani temerari, nuovamente il forte e deciso vino ansonaco. Grazie alla sua morfologia e alla composizione geologica, l’isola di granito propone ad ogni piccola insenatura un mare da sogno, con tutte le sfumature del blu.
Abbiamo un grande rammarico: terminare questo straordinario viaggio nel blu e nel verde, accarezzati dai dolci e morbidi tratti dei colorati disegni dei taccuini naturalistici di Federico Gemma, Andrea Ambrogio e Lorenzo Dotti,, pubblicati da EDT – Lonely Planet, voluti dal Parco Nazionale, raccontano di Capraia, di Pianosa e del Giglio. Presto vogliono raccontare anche le altre sorelle isole. A presto!
Marino Garfagnoli – Geographer ©