Sapori forti e decisi, che sanno accarezzare il gusto e il palato. Questa l’essenza della cucina dell’isola d’Elba. Oggi la gastronomia elbana presenta un ricco e diversificato insieme di ricette, rivisitate in chiave moderna, ideali per soddisfare i palati più esigenti. La cucina è accompagnata da una rinnovata ed apprezzata produzione vinicola.
Ma la tradizione e la matrice originaria dell’alimentazione elbana è basata sulla semplicità, genuinità e tanta, tanta fantasia! Infatti la sapienza era amalgamare i pochi e poveri (ma straordinariamente genuini e saporiti) ingredienti reperibili nel ristretto microcosmo insulare e raggiungere un’adeguata assunzione di calorie e di … sapore!!! Contadini e minatori per secoli gli elbani, e in via complementare anche pescatori per integrare il magro reddito proveniente dall’agricoltura o dal duro lavoro in miniera. Il versante minerario, quello a est di fronte alla costa toscana, regala svariate interpretazioni, forse per le più esaltanti per sapore e bontà dell’intera isola, della cucina del minatore, o meglio del cavatore, che nel suo porta-pranzo trovava, il più delle volte con sua sorpresa, il convio preparato quotidianamente da generazioni di donne.
I piatti più antichi e più “poveri” sono la sburrita, il gurguglione e lo stoccafisso. Molti piatti a base di pesce, ovviamente. Caratteristico è il polpo lesso si mangia condito con il peperoncino “alla forchetta”, poi gli zerri marinati, la zuppa di favolli, seppie e bietole. Il versante occidentale, quello di tradizioni più tipicamente contadine, ci regala i rigogliosi castagneti e molti dolci contengono questo speciale frutto. Dolci particolari sono il corollo e la schiacciunta a base strutto di maiale, da consumare inzuppati nell’aleatico o nell’ansonica passita. Eccovi qualche consiglio.
Sburrita. Piatto povero a base di pesce. Esiste una versione ancora più semplice, l’acqua pazza, dove il pesce non c’è. Mettere in ammollo 1 kg di baccalà, sfilettarlo e dividere polpa e scarti in due piatti diversi, far soffriggere 2 spicchi d’aglio, nipitella e peperoncino, una volta scaldato aggiungere la parti di scarto e dopo un po’ aggiungere, la polpa e il vino bianco, magari allungare con un po’ d’acqua, sale e continuare a cuocere. Abbrustolire le 8 fette di pane e disporle in una pirofila. Versare sul pane il composto aggiungendo un po’ d’olio.
Schiaccia Briaca. Ormai famoso e noto ai turisti, questo dolce vi assale ad ogni locale, bar o ristorante, supermercato, ormai se ne contano decine di imitazioni. Ma diffidate. La ricetta originale viene da Rio Marina e sono due i panifici che si contendono la palma del più buono. Il dolce ha origini saracene: siamo nel 1500 e spesso navi cariche di pirati saccheggiavano le coste orientali dell’Elba, da questa continua contaminazione culturale nasce la tradizione del dolce. Ingredienti esotici del vicino oriente: uvetta di Smirne, pinoli, noci che si integrano con il morbido e prepotente aleatico (vino liquoroso tipico dell’Elba). Ideale per una lunga conservazione, scorta ideale per popolazioni nomadi e gente di mare, infatti sono assenti il lievito e le uova. Ecco la ricetta segreta, la vera bibbia della Schiaccia Briaca, seguite scrupolosamente le istruzioni, ovviamente ci sono alcuni piccoli segreti… che vi diremo a voce!. Ecco come procedere: sgusciare 1 kg di noci (se sono già sgusciate circa ½ kilo, ma è meglio da sgusciare!); tostare leggermente nel forno le noci (attenzione che non si brucino!); scaldare ½ bicchiere di aleatico e mettere in un recipiente l’aleatico caldo con 1 bustina di uvetta per ammollarla leggermente; mescolare 700 gr di farina con 500 gr di zucchero; aggiungere 1 bustina di pinoli, l’uvetta ammollata, 1 bustina di lievito da dolci, le noci tostate, 1 bicchiere d’olio, 125 gr di burro morbido, 1 bicchiere di aleatico, 1 bicchiere di alchermes; impastare il tutto fino ad ottenere un composto omogeneo; mettere il composto in una teglia ricoperta con carta da forno; distribuire sulla superficie 1 bustina di pinoli e irrorare con un po’ di alchermes; mettere in forno caldo a 180° per circa 40’, controllare spesso! Non la bruciate!
Zuppa di scoglio all’elbana. Un piatto d’altri tempi! Molti anni fa, infatti, la materia prima utilizzata nella preparazione di questa ricetta era presente in abbondanza, ma possiamo indovinare anche il periodo dell’anno, primavera – estate per le prevalenti condizioni di mare calmo, e anche il contesto, nelle giornate di luna piena, durante le basse maree. A passeggiare lungo la scogliera, muniti fiocina, temperino e una piccola lenza con amo, così facevamo provvista del necessario: 7-8 granci favolli, lampade, chiocciole di mare o granite, cozze di scoglio, polpo e ghiozzo di buca. Oltre a quello che la straordinaria generosità del mare ci offriva erano necessari (per 4-5 persone): 4 spicchi di aglio, prezzemolo, una cipolla, 2-3 rametti di nepitella (o nepetella è la Calamintha nepetoides, chiamata impropriamente anche mentuccia o mentastro, si trova facilmente lungo gli argini dei fossi in tutta l’isola), peperoncino piccante o zenzero, un bicchiere di vino bianco, conserva e qualche pomodoro. La parte più difficile, quella del predatore, l’abbiamo vista, ora, magari procurandosi (se non è possibile come sopra descritto) in negozio gli ingredienti (purtroppo meno saporiti), veniamo alla preparazione. Prima di tutto pulire il guscio delle lampade (spesso ricoperto di muschio), i ghiozzi e tagliare il polpo in pezzi piccoli e grandi. Tritare l’aglio, il prezzemolo, la nipitella, lo zenzero e la cipolla, e far soffriggere in olio d’oliva fino a leggera rosolatura; aggiungere il polpo e far cuocere mescolando, fino a quando non avrà acquisito una colorazione rossastra. A questo punto aggiungere un bicchiere abbondante di vino bianco e continuare la cottura fino ad evaporazione dello stesso. Aggiungere un cucchiaio di conserva e 3-4 pomodori spezzettati e far cuocere a fuoco lento per 15 minuti; mettere poi i favolli e dopo altri 10 minuti, aggiungere il resto (lampade, granite, ghiozzi, cozze) e versare dell’acqua per coprire il tutto, con un poco di vino. Continuare la cottura per almeno altri 20 minuti. Consiglio: tostare delle fette di pane toscano o bollato e strusciarle con l’aglio. Posarle poi nei piatti dove si andrà a versare la zuppa con un ramaiolo. Per togliere le chioccioline dal guscio è consigliabile aiutarsi con uno stecchino.
Panzanella. Ingrediente indispensabile il magro di tonno sotto sale, denominato tonnina (500 gr). Metterla a mollo per una o due ore, sciacquarla abbondantemente per togliere il sale. Ora è la volta del pane, metterlo a mollo e usare solo pane biscottato (all’Elba vi sono panifici che lo producono proprio per la panzanella) per mezzora. Pulire le acciughe (100 gr.), togliere la lisca e tagliarle a piccoli pezzi. Tagliare i pomodori (1 kg), peperoncini verdi (6 o 7), il cetriolo e le cipolline fresche, in pezzi sottili. In una capiente insalatiera disporre il pane dopo averlo strizzato ben bene, la tonnina a piccoli pezzi e il resto, aggiungendo una manciatina di foglie di basilico trinciate, olio, un poco di pepe a piacere, sale se necessario in base al gusto.
Castagnaccio. Prendete una zuppiera e bagnare la farina (300 gr) con un bicchiere di latte, aggiungere i pinoli, uva secca (ammollata in precedenza in acqua tiepida), una scorza di arancio spezzetata, sale. Mescolare bene in modo da ottenere un impasto liquido. In una teglia rettangolare mettere tre cucchiai d’olio e versare il preparato coprendo la superficie di pinoli e bagnandola con un po’ d’olio. Infornare in forno caldo e cuocere per venti minuti.
Gurgoglione. Terra di Rio, miniera e minatori. Un piatto semplice dai sapori della terra. Usare solo verdura freschissima. Pulire bene i peperoni (800 gr.) e tagliarli in quattro parti, lasciare pure qualche seme, ma non troppi. Tagliare in pezzi (un po’ grossi) le melanzane (3 grosse) e le zucchine (2), attenzione a non pulirli! Pelare e tritare grossolanamente i pomodori (600 gr.). Tagliare la cipolla in pezzi sottili. In una capiente padella di ferro versare tutte le verdure, due bicchieri di olio pepe, sale, prezzomolo e basilico tritati. Coprire e far cuocere prima a fuoco vivo e poi, sempre coperto a fuoco moderato.
Stoccafisso con patate. Lo stoccafisso è il merluzzo della Norvegia (Gadus morhua), il nome probabilmente deriva dall’olandese antico stocvisch “pesce a bastone”. Mettere in bagno per dissalare almeno 24 ore e poi risciacquare abbondantemente. In una casseruola di terra preparare in soffritto di cipolla fine con due bicchieri d’olio. Versare lo stoccafisso (1,200 kg.) a pezzi e farlo insaporire. Unire la conserva (un cucchiaio abbondante) sciolta in una tazza d’acqua, il sale, lo zenzero abbondante, il prezzemolo tritato. Cuocere a fuoco lento aggiungendo acqua se necessario. Pulire le patate, tagliarle a pezzi grossi e unirle allo stoccafisso (quando sarà già un po’ cotto), aggiungere mezzo bicchiere d’olio. Continuare la cottura a fuoco lento.